Oggi parlo un po' più "tecnico" e quindi più noioso, ma secondo me, per i possessori di reflex e relative ottiche strafighe, è una dritta non da poco. Parliamo di profondità di campo che, come ricorderete, la possiamo definire "la parte nitida di uno scatto", più c'è parte nitida e più profondità di campo avete, più ci sono parti sfocate e meno profondità di campo avete. Ma facciamo un passo indietro: quasi tutti gli obiettivi di qualche anno fa (quelli dedicati alle macchine analogiche), avevano stampigliata sulla superficie una piccola griglia con dei valori di diaframma come quella che vedete in questa foto (che ho trovato con google, ce ne sono a pacchi che illustrano questa cosa):
Oggi come oggi solo alcune ottiche continuano ad uscire con questa utilissima "scala" stampata (o inserita in un apposita finestrella). Probabilmente la voglia di fare tutto in automatico ha fatto risparmiare ai produttori anche il costo di aggiungere questi dettagli agli obiettivi, tenuto conto che l'utenza utilizza sempre meno questa opzione. A che cosa serve? Supponiamo che voi stiate fotografando un meraviglioso paesaggio americano, di quelli con la classica strada nel deserto e la montagna in fondo all'inquadratura. Ne avrete viste migliaia di foto così giusto? E tutti a pensare: che figo, è tutta a fuoco, dall'inizio alla fine dello scatto. Provate a farla e puff...lo sfondo è "morbido" ed il primo piano sfoca leggermente nonostante una notevole chiusura di diaframma...come mai? Ogni obiettivo ha una sua "distanza iperfocale" che altro non è che il punto di messa a fuoco che ti fa ottenere la massima profondità di campo possibile. Per calcolare il punto esatto dove mettere a fuoco (ovviamente espresso in metri, perchè si parla di un punto distante X metri dall'obiettivo) esistono vari calcolatori su web visto che ogni ottica è progettata per conto suo e quindi i valori non saranno mai uguali. Alcuni suggeriscono di mettere a fuoco più o meno ad un terzo della scena: calcoli più o meno quanto dista lo sfondo e metti a fuoco ad un terzo della distanza con un diaframma chiuso ad uno stop prima del massimo. Si può invece usare la scala della profondità di campo stampigliata sull'ottica. Come si usa? Utilizzando la foto dell'esempio e partendo dall'alto verso il basso abbiamo 3 dati visibili: la prima ghiera in alto (quella con i numeri espressi in "metri" ed in "piedi") è la ghiera della messa a fuoco ed il numero non è altro che la distanza in metri (o piedi) dall'obiettivo (prendendo come riferimento il rombo bianco, nella foto in questione la messa a fuoco è fissata su di un punto distante poco più di 2 metri); la seconda serie di numeri 16-8-4-ROMBO-4-8-16 è la SCALA DELLA PDC e quelli sono valori di diaframma; la terza ghiera è la ghiera dei diaframmi che può anche non esserci nelle ottiche recenti visto che ora i diaframmi si gestiscono direttamente dalla macchina e non più dalla lente. Appurato questo torniamo alla nostra foto americana. Dopo aver allestito il tutto e composto la nostra foto, pensiamo alla pdc: vogliamo il massimo. Impostiamo il diaframma su f16 (il massimo disponibile per l'ottica della foto di esempio) e regoliamo la prima ghiera (quella della maf) finchè il simbolo di infinito non coincide con il numero 16 a destra della SCALA DELLA PDC. Scorrendo la SCALA della PDC con lo sguardo arriviamo all'altro estremo dove c'è ancora un 16 e notiamo che (vado ad occhio adesso...) notiamo che in corrispondenza ci sarà il 2. Cosa significa questo? Significa che tutto quello che è all'interno della distanza che va da 2 metri ad infinito sarà a fuoco e nitido con il picco di nitidezza in corrispondenza della distanza indicata dal ROMBO bianco. Questo serve anche a noi per calcolare dove piazzare eventualmente un soggetto o un riferimento visivo che necessita della nitidezza massima. Se io avessi scelto un diaframma f8 invece? Avrei fatto la stessa operazione, ma avrei spostato il simbolo di infinito fino a farlo coincidere con la tacchetta dell'8 sulla SCALA della PDC. Ovviamente il campo di parte nitida sarà inferiore rispetto ad f16, ma in questo modo otterrò la massima pdc dal mio diaframma e così via. La cosiddetta distanza iperfocale è rappresentata dal numero che corrisponde al ROMBO bianco e varia con il variare del diaframma scelto, come da spiegazione qua sopra. E' sicuramente più facile da provare che da spiegare ;-).
I calcolatori della distanza iperfocale a cui accennavo prima, danno come risultato il numero da far corrispondere al ROMBO bianco, facendo esattamente il procedimento contrario a quello che ho descritto io. Se però tenete conto dell'oggettiva complessità dei calcoli da fare, capirete che, non avendo sempre dietro lo smartphone per andare sul web, il sistema che ho proposto è utilizzabile sempre e comunque, ovviamente nell'ipotesi di avere la scala della pdc stampata sull'ottica.
Spero di aver dato qualche dritta buona per i paesaggisti, ma non solo. La gestione della pdc è fondamentale per dare impatto alle fotografie, quindi conoscere bene i principi che la regolano è (e sarà sempre!!) importantissimo!!
Buona luce!
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